Orizzonte A: l’internet nostalgique delle fanfiction

Orizzonte A è il termine usato in pedologia per identificare lo strato di suolo in cui si deposita il materiale organico che forma l’humus; brulica di piccoli animali, contiene radici ed è soggetto a turbazioni antropiche. Non sempre è a contatto diretto con l’atmosfera: c’è, ma non si vede spesso.

Il mondo creativo in superficie è come un esteso territorio popolato di prodotti di varia natura: di letteratura, di arte, di qualsiasi cosa sia fatta per essere consumata. Alla luce del sole gli scrittori scrivono, i registi dirigono, gli attori recitano; si costruiscono universi che stanno in piedi da soli, che hanno regole più o meno stabili e che germogliano, fioriscono e poi appassiscono.

Il mio Orizzonte A è stato un sito che ha il doppio degli anni di Wikipedia e che ancora esiste. The Gossamer Project è attivo dal 1995 ed è dedicato esclusivamente a racconti scritti dal fandom di X-Files; mantiene un’estetica che definirei internet nostalgique e offre tuttora centinaia d’ore di lettura a chi desideri caderci dentro. Sono finita nel mondo delle fanfiction da adolescente, e nel farlo mi sono ritrovata in un ecosistema che prolifera nel sottosuolo dell’attenzione generale, indisturbato e indisturbante. Ma quando il suolo è scosso quell’ambiente viene allo scoperto, mostrandosi per quel che è: un sistema complesso in crescita costante.

L’arrivo del COVID-19 ce l’ha mostrato per l’ennesima volta. Tra gli effetti secondari ha avuto quello di smuovere il terreno e portare alla luce una piccola comunità di scrittura creativa molto specifica. Un gruppo di persone che crea racconti che in comune hanno un solo tema: Giuseppe Conte e le sue esperienze fuori onda. La verità è che nessuno è immune alle fanfiction, nemmeno la politica italiana.

Sentirne parlare per la prima volta può essere un’esperienza straniante, eppure è un fenomeno pervasivo e duraturo, che crea curiosità e che dimostra ormai da decenni di essere una costante produttiva e parallela al materiale distribuito attraverso canali ‘legittimi’.

Il desiderio di esplorare mondi al di là delle informazioni disponibili è quel che ha spinto ragazzine come me a frequentare The Gossamer Project. Piene di meraviglia, avevamo davanti a noi un elenco sterminato di ucronie e storie parallele a quelle dei nostri eroi in TV, ma soprattutto la possibilità di scegliere il materiale di lettura a seconda delle voglie. Decine di migliaia di persone, prima e dopo, hanno avuto un’esperienza simile. La fanfiction nasce quando il desiderio di andare al di là delle informazioni disponibili è tale da spingere un consumatore a diventare produttore. È lo sforzo creativo il cui primo obiettivo è la soddisfazione personale di una voglia, di un bisogno, di una curiosità, di un prurito che non si possono appagare altrimenti, e i cui effetti secondari sono gli scambi interpersonali, la comunicazione, la catarsi.

Se eravamo tanti allora, oggi siamo molti di più.

Il termine fanfiction è in circolazione dal 1939. Fu usato prima in modo derisorio per identificare autori amatoriali di science fiction, per poi evolversi fino a descrivere ogni tipo di fiction creata dai fan di un prodotto già esistente.

Negli anni sessanta la scrittura di fanfiction intorno a Star Trek ha preso piede tramite fanzine distribuite alle convention d’appassionati, ma ciò che ha permesso al fenomeno di espandersi è stato l’avvento di internet. Chi fino a quel momento prendeva appunti sui quaderni riscrivendo e ampliando mondi in solitudine aveva ora un posto dove esprimersi e confrontarsi. Così la fanfiction si è evoluta da esperienza quasi esclusivamente intima e personale a una forma di condivisione comunitaria.

Livejournal è stato in questo fondamentale. Questa piattaforma a metà tra la comunità di blogger e un archivio virtuale era costruita in modo ideale per spingere anche i più timidi a partecipare a eventi virtuali e tornei di scrittura. È stato un campo di gioco eccezionale finché non fu acquistato dall’azienda russa SUP Media nel 2006. Da allora, un cambio di direzione commerciale, geografica e legislativa l’ha reso obsoleto a causa della pesante censura dei contenuti spesso espliciti pubblicati dai fandom.

Il luogo di ritrovo prediletto, almeno per qualche anno, è diventato in seguito Tumblr, il cui sistema di condivisione favoriva la diffusione di short-fic (spesso lunghe meno di mille parole) accompagnate da fanart; l’acquisto da parte di Yahoo! e la successiva moderazione di contenuti ritenuti pornografici l’ha reso molto meno popolare in fretta.

Oggi il suolo più stabile e fecondo per chi sente il bisogno di uno spazio inclusivo, libero da moderazione e autogovernato è Archive of our Own (o AO3). Il sito è gestito da un’organizzazione non-profit, accoglie il tipo di contenuti che siti come fanfiction.net e Wattpad reputano inappropriati, e propone circa sei milioni di opere, divisi in più di 36.000 fandom. Il valore di AO3 si riassume in tre dettagli importanti: non ha fini commerciali, si sottrae quindi a quelle regole tendenti al profitto a cui altre piattaforme sono legate; è un fedele indicatore di tendenze grazie a un rigoroso sistema di tag; è inclusivo nel suo accogliere qualsiasi tipo di tema, anche i più controversi.

Quest’ultimo punto è particolarmente importante per una comunità che fiorisce quando è in condizione di potersi esprimere in totale libertà; la natura aperta e inclusiva, in un contesto completamente anonimo, offre la possibilità di reinventarsi, scoprirsi, ma anche e soprattutto intraprendere un percorso di autodeterminazione e accettazione dei propri interessi. C’è una forma di piacere tutta particolare nel riconoscersi in storie dai contorni familiari ma con l’azione incentrata su temi che ci stanno a cuore.

I miei anni formativi nel fandom di X-Files hanno trasformato Scully ai miei occhi in un personaggio più reale di quello raccontato nella serie. C’erano temi come la conciliazione di una natura analitica con la propria fede, l’essere donna in una realtà prettamente maschile, ma anche banalità come coniugare il bisogno di routine domestica con un lavoro impegnativo, che nella serie tv erano solo suggeriti ma non esplorati. I racconti letti su The Gossamer Project mi hanno aiutato ad andare fino in fondo e sono stati uno strumento che mi ha accompagnato in riflessioni importanti in un’età in cui ne avevo bisogno. È un modo per realizzare che non siamo soli, che ci sarà sempre qualcuno, da qualche parte, che avrà avuto esperienze simili alle nostre, e che qualsiasi cosa sia, è okay.

Preso come fenomeno indipendente, e non come parte di un movimento comunitario, il valore delle fanfiction è quello di essere un veicolo d’espressione disponibile a tutti. Lo slancio che può dare l’immedesimazione in personaggi che hanno già un ‘vissuto’ rende il salto verso la scrittura creativa meno spaventoso.

Parallelamente, la politica da fandom democratizza la scrittura più di quanto il mondo dell’editoria sia in grado di fare; lo spettro delle possibilità è immenso, gli strati illimitati quanto le tag usate per classificare gli archivi, i punti di vista innumerevoli. Il successo di una fanfiction dipende non solo dalla sua qualità letteraria, ma in particolare dalla risposta riscontrata all’interno della bolla del suo pubblico e dalla forza del suo sostegno. È un sistema che sovverte l’elitarismo culturale, che lo scuote, che dà a chiunque la possibilità di costruirsi una piattaforma che, in certi casi, può sfociare in un successo commerciale.

Perché Il Diario di Mr Darcy di Amanda Grange ha riscosso così tanto successo? Perché risponde al bisogno di analizzare ed elaborare il punto di vista di un personaggio universalmente amato che non ha avuto questo spazio nel romanzo. Che Jane Austen abbia creato un prodotto che susciti curiosità tale da portare il lettore a desiderarne di più è prova concreta – semmai ce ne fosse ancora bisogno – della forza della sua penna.

Tra il microcosmo degli ebook autoprodotti e i casi commerciali che vengono catapultati in libreria sull’onda del buzz fino ad approdare al cinema, in molti si chiedono ormai quanto possa essere produttivo all’atto pratico la scrittura di fanfiction. Il confine tra ‘chi scrive’ e ‘chi è scrittore’ diventa sempre più labile, e a seconda dei punti di vista può essere un tasto dolente da premere. È una questione antica, che ha causato un’internalizzazione dello stigma di essere un autore di fanfiction e non qualcosa di più; qualsiasi cosa voglia dire quel di più.

Per quanto fiera della mia partecipazione al fenomeno, io stessa l’ho sempre tenuta separata dalla mia vita ‘normale’ con un certo pudore. Non mi sono mai definita scrittrice, non ho mai avuto nemmeno un’idea chiara di come definirmi. Mi dicevo: sono solo fanfiction, non è nulla di serio. In modo simile, ho incontrato negli anni molte persone che lavoravano a romanzi parallelamente alla loro attività nel fandom; spesso avevano un profilo social dedicato alle fanfiction e uno dedicato al lavoro letterario, avendo cura di non far incrociare i due. Come se il primo potesse influenzare il secondo e renderlo così meno serio e degno d’attenzione professionale. Due cose diverse, da trattare in modo diverso. È una vera e propria frattura personale, ma non solo.

C’è una separazione netta tra gli autori protetti da copyright e quelli che il copyright lo infrangono. C’è anche una separazione tra chi scrive per diletto e chi per profitto. Infine, c’è l’accavallamento fra questi ultimi. È una conversazione che ha raggiunto anche chi scrive per mestiere e con successo, portando in campo voci che offrono pareri interessanti da prendere in considerazione. Le scuole di pensiero sono due, rappresentate da George R.R.Martin e Neil Gaiman.

Sul suo blog personale Martin ha più volte espresso il suo punto di vista contrario alle fanfiction, sostenendolo con argomenti economici e sentimentali e in ragionamenti comprensibili in tutto tranne che per l’uso di un tono paternalista rivolto ai fan. È un post interessante che porta sul tavolo un confronto curioso tra i destini delle eredità intellettuali di Burroughs e Lovecraft, il primo avverso all’uso dei personaggi al di fuori del suo controllo e morto tra fama e ricchezza, il secondo invece molto più tollerante e finito in disgrazia economica. Se il discorso sul patrimonio intellettuale è più o meno condivisibile, la malcelata avversione per gli scrittori di fanfiction è il tipo di atteggiamento che contribuisce a togliere dignità a questa forma d’espressione.

A questa corrente di pensiero si accompagna quella degli autori a favore dell’esplorazione dei loro mondi da parte dei fan. Neil Gaiman, il cui Good Omens è stato eviscerato in ogni forma possibile tanto quanto Il Trono di Spade, ha espresso in più di un’occasione la sua opinione positiva al riguardo. Ha inoltre ammesso di non essere egli stesso senza peccato, avendo scritto crossover tra gli universi di Chtulhu e Sherlock Holmes. In quanto autorità editoriale, il suo incoraggiamento verso questa forma d’arte offre un certo tipo di legittimazione di cui c’è ancora molto bisogno. È prova del valore intrinseco della fanfiction al di là di chi ne scriva.

La presenza duratura e longeva di questo fenomeno negli anni e attraverso le generazioni è testimone della sua rilevanza. C’è domanda di luoghi protetti in cui poter esplorare la propria fantasia liberamente, anche e soprattutto quando quest’esplorazione permette di analizzare la propria sessualità. Il mondo delle fanfiction ha la reputazione di essere un ricettacolo di perversioni; è cosa indubbiamente vera, ma spesso quest’aspetto è l’unico pubblicizzato, frequentemente con toni che contribuiscono a sminuire l’esperienza generale e la riducono a oggetto di ridicolo.

La navigazione dei propri desideri e la possibilità di farlo in contesti sani e al proprio ritmo – che sia in quanto consumatore o produttore di materiale – sono invece punti a favore del fenomeno e una delle forze motrici che spinge i fandom a muoversi di volta in volta verso le piattaforme che offrono questo tipo di libertà. Pensare che la produzione letteraria dei fan sia esclusivamente incentrata sul fattore erotico è tuttavia un errore. La componente erotica è sì importante, ma resta un bonus all’interno di storie complesse, ricche di dettagli ed esplorazione. Si sviluppa organicamente in modo simile a qualsiasi esperienza interpersonale nel mondo esterno, di pari passo all’evoluzione di una relazione.

Il discorso potrebbe facilmente ampliarsi con un’analisi sulle fanfiction che sviluppano un coinvolgimento emotivo con il lettore e quelle che invece, andando dritto al nòcciolo erotico, si comportano come una qualsiasi esperienza da one night stand. Le regole del gioco sono quelle che conosciamo tutti; è solo il partner che è un po’ fuori dagli schemi abituali.

Un ulteriore aspetto è l’opportunità di catarsi che offre la lettura/scrittura di fanfiction. Esistono fandom in cui una fetta importante del materiale prodotto ha a che fare con l’elaborazione del lutto, della violenza e gli abusi subiti, della malattia mentale. Non esistono due traumi uguali, né due sofferenze vissute allo stesso modo, ma esiste l’accompagnamento nel processo di guarigione. La mia esperienza personale è stata in larga parte influenzata da questo; autori di fanfiction che affrontano questi temi con sensibilità ed eleganza attirano un pubblico disposto a seguirli anche se cambiano fandom, pur di non perdere il beneficio che la lettura delle loro storie offre. Supernatural è una serie in cui due fratelli cresciuti in modo militaresco dal padre continuano la tradizione familiare nella lotta contro il male. Il tag hurt/comfort è tra i più popolari nei suoi archivi; partendo dai temi accennati nella serie, i fan rispondono al bisogno di analisi di comportamenti spesso malsani, sicuramente problematici, come la codipendenza familiare o l’abuso genitoriale. Nell’universo Marvel, il personaggio di Bucky è il sidekick di Captain America. Presunta vittima di un incidente, fu riportato in vita e in azione come Winter Soldier dopo aver subito anni di torture fisiche e psicologiche; questo fa di lui il poster-boy per chi è interessato a PTSD, malattia mentale e conseguenze della manipolazione.

Infine e forse più importante, c’è la componente demografica. Per quanto l’anonimato renda difficile avere cifre certe, si stima che circa l’80% degli user attivi nella scrittura di fanfiction sia composto da donne. Il fatto che sia un genere letterario prevalentemente femminile sembra renderlo più vulnerabile; prenderlo sul serio sembra quasi incontemplabile, come se fosse una forma d’isterismo letterario. In un’espressione del sistema patriarcale che non sorprende più nessuno, l’ennesimo prodotto da donne, per donne, è svilito e vittima di pregiudizio. Se il consumo maschile di pornografia è accettato come normale, la possibilità che ne esista per il pubblico femminile è costantemente minimizzata. Questo tipo d’attenzione è tra le cause del tabù che circonda la scrittura di fanfiction e che rende una conversazione più ampia e approfondita difficile da ottenere nei media mainstream.

Eppure l’Orizzonte A esiste e prolifera nonostante sia dipinto come moda momentanea e indegna di seria considerazione. È composto da voci che è importante preservare e che meritano uno spazio all’aria aperta. Quello delle fanfiction è un mondo in cui tutti lavoriamo per la sovversione di un sistema che ci confina al ruolo di abitanti di serie B dell’universo creativo letterario, e che in maniera più ampia porta nel campo temi fondamentali e la distruzione di un sistema eteropatriarcale che ci silenzia. Che sia attraverso la lettura passiva, il dibattito o la scrittura, chiunque partecipi a questa battaglia ha un ruolo importante.

L’Orizzonte A non è passeggero. Non è una moda senza conseguenze e non va trattata come tale. È una sottocultura che negli anni si è rafforzata e ha trovato il modo di espandersi come organismo indipendente, ed è parte di una conversazione più ampia. Il passato ci conferma una legge che potrebbe essere scritta in pietra e che è davvero accurata come sembra: se esiste una storia dai confini definiti, allora è possibile scriverne altre giocando col suo canon.

È un invito e un dovere, e come tale non può essere più ignorato.