Legare e legarsi: l’origin (love) story di Wonder Woman

In termini astronomici un corpo minore è un corpo celeste di rilevanza secondaria rispetto al sole o ai pianeti. Fanno parte di questa categoria: troiani, centauri, pianeti nani, oggetti transnettuniani e asteroidi. Ne sono stati osservati finora quasi un milione, e di questi quasi cinquecentocinquantamila sono stati catalogati e numerati. 

Scorrendo la lista si trova il 102234 Olivebyrne. Scritto così, in questo modo, nella sua catalogazione ufficiale. Con un diametro di 2.3Km, è stato scoperto e battezzato il 5 ottobre 1999. Prima di finire permanentemente catalogata tra gli oggetti celesti, Olive Byrne ha vissuto una vita molto terrena e poco ortodossa, a cominciare dalla sua venuta al mondo e dalle circostanze familiari della sua prima giovinezza. Nata nel 1904, figlia dell’attivista e femminista radicale Ethel Byrne, nipote di Margaret Sanger – entrambe tra le fondatrici della prima clinica anticoncezionale americana, che sarebbe poi diventata Planned Parenthood – Olive fu cresciuta dai nonni materni fino ai dieci anni, poi in un orfanotrofio cattolico fino ai sedici, e solo in quel periodo cominciò a riavvicinarsi alla madre. La frequentazione e l’influenza materna, insieme a quella della zia, la introdussero a pensieri progressisti e vedute avanguardiste su libertà sessuale, diritto della riproduzione e femminismo.

Cinque mesi prima della scoperta del 102234Olivebyrne, il 14 maggio, un altro asteroide di diametro leggermente più piccolo era stato scoperto e chiamato 101813 Elizabethmarston. Elizabeth nacque nel 1893 e, dopo aver completato un bachelor in psicologia, fu una delle tre sole donne a laurearsi in legge all’Università di Boston nel 1918. Nonostante l’impossibilità di conseguire un dottorato in psicologia ad Harvard – negatale in quanto donna – ebbe una carriera prolifica sia in campo aziendale che nella ricerca accademica, collaborando anche come editor per l’Encyclopaedia Britannica.

Ma Olive ed Elizabeth hanno in comune molto più che l’essere all’origine del nome di un corpo celeste: hanno fatto parte di un nucleo familiare atipico e rivoluzionario ed entrambe sono state alla base della genesi di Wonder Woman, la prima supereroina femminista ad avere successo su larga scala. 

Si incontrarono nel 1925 tramite un corso di psicologia della Truft University, dove Elizabeth assisteva suo marito William Moulton Marston nell’insegnamento. Olive era un’allieva brillante e, come assistente di ricerca del professore, si dimostrò indispensabile nell’aiutare Marston a espandere il campo della sua sperimentazione.

Conosciuto con lo pseudonimo Charles Moulton nel campo fumettistico, William avrebbe creato Wonder Woman all’inizio degli anni Quaranta, da un’idea di Elizabeth. Negli anni precedenti, grazie anche alle intuizioni di sua moglie, i suoi studi in campo psicologico si erano concentrati sul rapporto tra la pressione sanguigna e l’espressione di emozioni, fino all’invenzione della prima ‘macchina della verità’, qualcosa di simile a un rudimentale poligrafo. 

Parallelamente, Marston aveva sviluppato le basi della teoria DISC, un modello comportamentale in cui le caratteristiche del comportamento sono riconducibili a quattro categorie: Dominanza, Incentivo, Sottomissione, Condiscendenza. La teoria fu integrata e sviluppata negli anni successivi da altri studiosi ed è tuttora in uso come metodo di inquadramento. 

Questi quattro argomenti accompagnarono Marston per tutta la sua successiva vita creativa.  

L’entrata di Olive nella vita accademica dei due ricercatori fu fondamentale: in quanto parte di una sorority – corrispettivo femminile delle ben più conosciute fratellanze universitarie americane – Olive fu in grado di introdurre la coppia al mondo dei baby parties, riti d’iniziazione alla sorellanza in cui le matricole si vestivano e agivano da infanti sotto il controllo delle studentesse con più anzianità nel gruppo. Questo permise lo studio di pratiche di punizione in un contesto controllato e gerarchico, e l’osservazione pratica dei comportamenti descritti da Marston nella sua teoria DISC. 

Il lavoro di Olive ed Elizabeth ricoprì un ruolo fondamentale nelle pubblicazioni di Marston. Emotions of normal people, un saggio in difesa dei tabù sessuali, era in parte alimentato dalle ricerche di Olive per il suo dottorato. Integrative Psychology porta la firma di Elizabeth, oltre a quella di William. 

Olive entrò in modo graduale anche nella vita extra-accademica dei Marston, sviluppando con entrambi una relazione personale e sentimentale che a fine studi la portò a vivere con la coppia. Li sposò entrambi in una cerimonia non ufficiale in cui indossava uno spesso bracciale d’argento a ogni polso (che diventarono il suo segno distintivo), ebbe due figli da Marston che furono adottati ufficialmente dalla coppia e allevò i due figli che Elizabeth ebbe da lui. Mentre Elizabeth era la principale fonte economica a sostegno della famiglia, William si concentrò sulla scrittura. 

[Prima a sinistra, Olive Byrne con i suoi bracciali.] 

Questo nucleo familiare poco ortodosso e ben equilibrato diede l’occasione a William Marston di traslare le proprie vedute femministe e i fondamenti della sua teoria DISC nel fumetto, nei quali lasciava allo stesso tempo intravedere le sue preferenze sessuali ai suoi lettori.

Marston era un aperto sostenitore del beneficio che i fumetti apportano al pubblico, scrisse saggi in cui insisteva non solo sull’importanza di questo mezzo ma anche sulla mancanza di figure femminili all’interno del pantheon di supereroi che popolavano la scena editoriale negli anni ‘30. Nella sua opinione gli uomini erano troppi e le donne non abbastanza.

In Why 100,000,000 Americans Read Comics – in cui racconta anche la conversazione che convinse l’editore M. C. Gaines a pubblicare Wonder Woman – attribuisce questa mancanza all’archetipo della figura femminile “che manca di forza, robustezza e potere” e per questo non attrae a sufficienza un pubblico maschile, all’epoca considerato come unico mercato per i comics. Argomenta la tesi attingendo alle sue teorie: un’eroina in grado di racchiudere in sé tutte le qualità fisiche di Superman insieme a caratteristiche considerate femminili come l’amore per la pace e la tenerezza, si presenterebbe al pubblico come un’autorità amorevole capace di indurre gli uomini a una volontaria sottomissione, dando voglia ai lettori di seguirla. Un supereroe femmina, quindi, non solo era necessario per stabilire un equilibrio nella rappresentazione dei sessi, ma era anche un’idea con un potenziale commerciale interessante. 

Wonder Woman apparve per la prima volta nel 1941. Diana di Themyscira, Principessa delle Amazzoni, incarna nel nome quanto nel carattere la dicotomia che Marston vede nella figura femminile: Diana ha forza fisica, ha intelletto, è indipendente, è autoritaria. Ma Diana è anche attraente, atletica, pacificatrice, autorevole.  

Alla sua prima apparizione su carta il narratore la presenta così: 

Bella come Afrodite – saggia quanto Athena – con la velocità di Mercurio e la forza di Ercole – la si conosce solo come Wonder Woman!

L’aspetto di Diana si ispira alle donne nella vita di Marston: tra gli accessori di guerra ci sono due spessi bracciali, portati come Olive uno ad ogni polso; il lazo magico con cui impone verità a chiunque ne sia legato è un chiaro riferimento al poligrafo ideato grazie agli studi di Elizabeth. 

Non abbiamo prove concrete che il kink fosse parte della loro relazione amorosa o se fosse solo un interesse dell’autore; eppure, come l’immaginario narrativo del mondo di Wonder Woman è basato sulle idee di femminismo sovversivo che Olive, Elizabeth e William vivevano e difendevano nelle loro pubblicazioni, le allusioni a temi di dominazione e sottomissione sono numerose. 

Il loro triangolo poliamoroso può quindi definirsi sovversivo non solo nell’aver portato avanti un nucleo stabile e amorevole in un’epoca in cui una situazione simile era impensabile, ma anche per aver tentato di normalizzare il kink agli occhi di un pubblico più ampio. 

Un contesto espressivo più libero di quello accademico offrì a Marston una piattaforma. La presenza di elementi riconducibili a pratiche sessuali di confine è stata notata negli anni da studiosi e appassionati, così come la visione di superiorità femminile di cui Marston era convinto; è impossibile leggere le vignette dell’epoca e non vederci nulla dietro. 

Il più grande punto debole di Diana è semplice: se i suoi bracciali sono incatenati da un uomo, Wonder Woman perde la sua forza.

L’iconografia femminista di inizio novecento fa della donna che infrange le catene del patriarcato un’immagine emblematica, e l’arrivo di Wonder Woman distrugge così il classico trope della damsel in distress tanto caro alla letteratura: in qualsiasi situazione Diana si ritrovi, riesce sempre a farcela da sola. L’aiuto di un uomo non è mai necessario, anzi; spesso è l’uomo di turno ad aver bisogno del suo aiuto. 

L’apparente contraddizione tra il legare inteso come privazione della propria libertà di movimento e il concetto liberatorio dell’affidarsi a un potere benevolo in un contesto bondage consensuale è interessante, e Marston usa il fumetto per esplorarla usando elementi della sua teoria DISC. 

Quando Wonder Woman è incatenata da un uomo (inteso come nemico o forza malefica nel contesto) collabora per compiacenza (la teoria ci dice che la compiacenza produce passività in un ambiente antagonistico). Quando Wonder Woman è legata da sue pari o è lei stessa (intesa come forza amorevole e amica) a legare qualcuno con il suo lazo della verità, il risultato è invece la sottomissione volontaria (secondo la teoria la sottomissione produce passività in un ambiente favorevole).

Wonder Woman mostra che la soluzione alla criminalità pervasiva nella società può essere la riabilitazione, non la punizione, e che una sottomissione consapevole possa avere effetti più duraturi e pacifici che la momentanea compiacenza. 

La bellezza di Wonder Woman sta quindi nella sua capacità di essere sia un’icona femminista a favore della riabilitazione che una rivoluzionaria le cui idee sociali hanno sottotesti BDSM. Infatti, Diana si riappropria di elementi fisici storicamente attribuiti all’universo maschile e allo stesso tempo lancia un sottinteso che ci fa capire che a volte, in determinate situazioni, abbandonarsi a un’autorità benevola è sì un atto liberatorio, ma anche un atto di riaffermazione. 

Wonder Woman ci fa immaginare un mondo in cui il potere e la dominazione sono idee flessibili e non per forza sinonimo di oppressione. Al contrario, ci dà la possibilità di credere che riconoscere una forza benevola a cui affidarsi non sia qualcosa di negativo, e allo stesso tempo pone l’accento su quanto sia importante che la forza in questione sia amorevole e consapevole di agire nel miglior interesse di chi vi si affida. 

Per quanto sia impossibile sapere con certezza se Olive, Elizabeth e William lo praticassero, la loro rivoluzione nel portare avanti una famiglia atipica è tale che si ricongiunge in modo perfetto al tipo di riappropriazione che il BDSM favorisce. Cedere potere all’altro nell’ambito privato togliendo potere al sistema che cerca di conformare tutti a un unico modello relazionale. Un pensiero in anticipo sui tempi; “sano, sicuro e consensuale” prima che questo diventasse un concetto radicato, e che è stato esplorato nel film del 2017 Professor Marston and the Wonder Women. Al momento della sua uscita in sala il film ha generato reazioni miste per aver sottolineato in particolare la relazione sessuale tra Olive ed Elizabeth, che non è mai stata confermata apertamente dagli eredi nonostante la tanta speculazione negli anni. 

William Marston morì nel 1947. Dopo di lui Wonder Woman ha perso poco a poco ambiguità e allusioni al kink ma ha continuato a essere un’icona femminile e femminista solida. Olive morì nel 1985, Elizabeth nel 1993. Continuarono a vivere insieme come una famiglia fino alla fine, continuando ad esistere nella nomenclatura dei corpi celesti. 

Il poligrafo non è più considerato uno strumento attendibile, la teoria DISC è tuttora utilizzata in versione edulcorata nel mondo aziendale e le idee femministe si sono ampliate ed evolute. Eppure Marston aveva assolutamente ragione su un punto: ottant’anni dopo la sua prima pubblicazione Wonder Woman continua ad avere una storia editoriale ininterrotta (una di soli tre personaggi della scuderia DC Comics, in compagnia di Batman e Superman), a prova del suo valore costante sul mercato e del bisogno della sua esistenza.