RUBRICA DI VIAGGI, CHE NON PARLA DI METE TURISTICHE, MA DI TRIP LETTERARI, A RITMO DI CITAZIONI. LA PARTENZA È SEMPRE CERTA, LA META SCONOSCIUTA, IL TRAGITTO VA A ZIG ZAG DAL DIVANO ALLA LIBRERIA. LA SODDISFAZIONE È QUELLA CHE PUÒ DARE UNO SPUNTINO LONTANO DAI PASTI, QUANDO SI HA UN LANGUORINO, DA QUI IL TITOLO: SE FOSSE IL DIMINUTIVO DI SPUNTI, SAREBBE UNA SCELTA INFELICE, SE FOSSE LA STORIA DI TRE PUNTINI DI SOSPENSIONE INSEGUITI DALLA LETTERA S, CI VORREBBE GIANNI RODARI.
INGREDIENTI PER LO SPUNTINO DI OGGI:
CRISTINA CAMPO – GUIDO CERONETTI – WILLIAM CARLOS WILLIAMS
Ogni volta che sento un grande dolore per una cosa piccola, penso a Cristina Campo.
In lei ritrovo lo strazio per un’esistenza incompresa e incomprensibile, che sembra scorrere sempre contro corrente. Quando tutti seguono estasiati il primo lancio di una navicella verso lo spazio, alla fine del 1957, esultando e applaudendo nel momento del distacco del modulo da terra, il suo unico pensiero va alla cagnolina Laika, chiusa dentro a un esperimento umano che nulla ha di umano, inchiodata con fili e sensori a un destino che pochi, a parte lei, vivono come inutile tortura, il sacrificio di un animale che simboleggia la fine della comunione uomo-natura, l’inizio della supremazia della razza umana in nome del così detto progresso.
Cristina Campo ha scritto poco nella vita e ha dichiarato che avrebbe voluto scrivere molto meno. Sullo scaffale della libreria a lei dedicato ho un unico volume, Gli imperdonabili, edito da Adelphi, ma accanto trovo, in un affascinante sistema a pagine comunicanti che mi illudo di aver inventato, due autori a lei in qualche modo affini. Sulla destra sta Guido Ceronetti, orso, asociale e disincantato peggio della Campo, che ha scritto la postfazione alla raccolta con quasi tutti gli scritti
dell’autrice, mentre alla sinistra sta il delizioso volume dei Libri Scheiwiller Il fiore è il nostro segno, di quell’azzurro ruvido al tatto che quando lo sfili dallo scaffale sei sicura di poterti accomodare sul divano senza più sentire il bisogno di altro.
Il carteggio fra William Carlos Williams e Cristina Campo è, infatti, una squisita storia d’amore, in cui non c’è nulla di fisico, neppure un incontro fra i due. C’è un poeta stregato dalla sua traduttrice e una scrittrice poetica che riporta in vita versi dimenticati persino dall’autore, c’è l’intesa di due anime che accordano a ogni parola il “sapore massimo“ e c’è lo zampino di un editore illuminato, Vanni Scheiwiller, cultore dell’opera letteraria quando tocca i suoi vertici, che lega e rilega le pagine di questo piccolo libro prezioso.
Guido Ceronetti, invece, sta accanto a Cristina Campo con il suo L’occhiale malinconico. Gli sciocchi rimarranno in silenzio davanti a certe pagine, che tengono lontana la superficialità come fossero lunghe e invisibili lance: lui rispondeva così a chi gli chiedeva l’effetto che avrebbero avuto gli scritti della Campo sul pubblico, ma io sono sicura che calerebbe il silenzio dei più anche davanti a certi passaggi di Ceronetti, angoli di mondo sui quali si sono posati i suoi occhiali
malinconici. Luoghi della mente, paesaggi interiori o destinazioni geografiche che fanno venire voglia di alzarsi dal divano per rintracciare alcuni dei tanti libri che lui cita oppure voglia di partire. Mio papà, dopo aver letto le prime venti pagine, si è messo in macchina ed è andato a Colmar per vedere il polittico di Matthias Grünewald, quel giorno stesso. Mi aveva invitato, ho detto di no, forse mi spaventava l’inciso del titolo: “viaggio nell’abisso“.
Quando sono andata in Alsazia a vedere finalmente l’altare di Isenheim con la famosa Crocifissione, lui era morto da poco e io avevo gli occhi velati di malinconia, ma Ceronetti in questo non c’entra, o forse sì.