Spuntini – novembre

RUBRICA DI VIAGGI, CHE NON PARLA DI METE TURISTICHE, MA DI TRIP LETTERARI, A RITMO DI CITAZIONI. LA PARTENZA È SEMPRE CERTA, LA META SCONOSCIUTA, IL TRAGITTO VA A ZIG ZAG DAL DIVANO ALLA LIBRERIA. LA SODDISFAZIONE È QUELLA CHE PUÒ DARE UNO SPUNTINO LONTANO DAI PASTI, QUANDO SI HA UN LANGUORINO, DA QUI IL TITOLO: SE FOSSE IL DIMINUTIVO DI SPUNTI, SAREBBE UNA SCELTA INFELICE, SE FOSSE LA STORIA DI TRE PUNTINI DI SOSPENSIONE INSEGUITI DALLA LETTERA S, CI VORREBBE GIANNI RODARI.

INGREDIENTI PER LO SPUNTINO DI OGGI:
ALDA MERINI – GIUSEPPE BERTO – ENNIO FLAIANO

La recita di fine anno di mia nipote Virginia mi ha fatto tornare alla mente il mio debutto in teatro, un monologo per l’ammissione al secondo anno della scuola di recitazione Quelli di Grock.
Mi sono presentata sul palcoscenico con gli occhi pesantemente truccati di nero, una sigaretta (spenta) fra le dita e una rosa fra i capelli, con il gambo all’insù.
Ho aperto così: “Mi piacerebbe avere un’autoambulanza a portata di mano come Salvador Dalì!“, era un estratto preso da uno scritto di Alda Merini.

Non trovo più il libro da cui ho ricavato il testo, ho guardato fra le tante pubblicazioni sia sul ripiano dedicato alla poesia sia sul ripiano dedicato ai maudit, la mia personale selezione di scrittori maledetti italiani, quelli fuori dal gioco della massificazione.
Lì, però, ho ritrovato e sfogliato, stando in piedi davanti alla libreria per quell’urgenza che non mi fa arrivare neppure al divano, L’anima innamorata, un libercolo edito da Frassinelli, con illustrazioni di Alberto Casiraghy.

Da qui è nata la voglia di uno spuntino fatto di quella profondità che raggiungono le cose apparentemente leggere.
Casiraghy in questo è maestro: ebanista della pagina stampata, papà di tutte le opere edite dal suo Pulcinoelefante, artista delicatissimo, che ha illustrato le poesie di Alda Merini come se lei gli dettasse l’essenza e per lui fosse normale tradurla in disegno. Ma sto divagando.

Un certo tipo di leggerezza è, a mio parere, legata alla capacità di usare l’umorismo contro la fatica dell’esistenza. Avere un’ambulanza sotto casa è un modo, ironico, per gridare al mondo l’alto livello della propria angoscia, e il fatto di essere in compagnia di Salvador Dalì fa piacere. Per questa ragione il volumetto di Alda Merini era accanto a Il male oscuro di Giuseppe Berto, anche lui terrorizzato dal manicomio e dal peso del vivere, alle prese con una vita schiacciata entro confini corporei che tengono l’anima come sacchi di sabbia legati a una mongolfiera.
Nell’appendice al suo libro (edizione economica Bur, prontamente rimpiazzata, quando ho capito di avere fra le mani un libro importante, con una versione più raffinata dell’editore Neri Pozza) lo stesso Berto scrive di come l’umorismo sia “una fortuna in mezzo a tanti malanni“ e venga a sostegno del nevrotico che, altrimenti, non potrebbe scrivere oppure, peggio ancora, sfornerebbe libri inutili come tutti i libri di maniera.

Sempre per quelle associazioni del tutto personali che mi fanno sistemare i libri uno accanto all’altro seguendo criteri di assonanze e affinità, in mezzo alla Merini e a Berto stava il volume Adelphi La solitudine del satiro di Ennio Flaiano. E non, come si potrebbe pensare, per via della sua grande vena umoristica, bensì per il dolore sul cuore che Flaiano ha sentito ogni giorno della sua la vita e che ha tentato di vincere a colpi di aforismi. Due fra i tantissimi, “Coraggio, il meglio è passato“ e “Io muoio alla giornata“, erano, in verità, un’amara dichiarazione di angoscia per il fatto che la sua amatissima figlia fosse gravemente ritardata, costretta a vivere in Svizzera con la madre per ricevere le cure necessarie.

Il satiro era solo, come soli erano Alda Merini e Giuseppe Berto, salvati dall’ironia oltre che, naturalmente, dalla scrittura.