Spuntini – marzo

RUBRICA DI VIAGGI, CHE NON PARLA DI METE TURISTICHE, MA DI TRIP LETTERARI, A RITMO DI CITAZIONI. LA PARTENZA È SEMPRE CERTA, LA META SCONOSCIUTA, IL TRAGITTO VA A ZIG ZAG DAL DIVANO ALLA LIBRERIA. LA SODDISFAZIONE È QUELLA CHE PUÒ DARE UNO SPUNTINO LONTANO DAI PASTI, QUANDO SI HA UN LANGUORINO, DA QUI IL TITOLO: SE FOSSE IL DIMINUTIVO DI SPUNTI, SAREBBE UNA SCELTA INFELICE, SE FOSSE LA STORIA DI TRE PUNTINI DI SOSPENSIONE INSEGUITI DALLA LETTERA S, CI VORREBBE GIANNI RODARI.

INGREDIENTI PER LO SPUNTINO DI OGGI:
NATALIA GINZBURG – ROSETTA LOY – LALLA ROMANO

A tavola, sul finire della cena, spesso nostro padre leggeva a me e a mio fratello qualche pagina di Lessico Famigliare. Credevo lo facesse per insegnarci le buone maniere, invece lo stava facendo per iniziarci alla lettura.

La vecchia edizione degli Oscar Mondadori piena di macchie dei nostri pasti, è diventa così, magicamente, la storia dei miei ricordi d’infanzia, custoditi dentro alle memorie di Natalia Ginzburg come in un gioco di matrioske fatto di parole, di paragrafi sottolineati, di nostalgie.
Sento che il passato viene a pungermi già mentre sfilo il libro dallo scaffale delle Signore, con quel quadro di Renato Vernizzi in copertina – fiori rossi in vasi di coccio e cappello di paglia su una sedia bianca, vuota – che mi ricorda estati in Val Vigezzo, scarponi da montagna duri, odore di sottobosco. Le prime pagine sono quelle più rovinate, gocce scure, macchie di unto, aloni più chiari e screpolati lasciati dall’acqua, tutta colpa delle “malagrazie“ di noi bambini.

Nostro padre non avrebbe avuto bisogno di leggere, sapeva i passaggi a memoria, ma credo che anche per lui, come per me in seguito, fosse il gesto di avere un libro aperto fra le mani a contare.
“Non fate delle negrigure!“ ci avrebbe ripetuto per anni, riferendosi alle nostre cattive maniere.

Rileggendo le prime due pagine oggi, penso alle polemiche che susciterebbe un elenco di comportamenti “da negri“ ai tempi del politicamente corretto. Tempi in cui sono stati sradicati dal vocabolario certi termini offensivi, mentre abbiamo riempito le grandi città di ragazzi di colore, in bicicletta, indegnamente retribuiti, sfruttati
per soddisfare le esigenze di palati sempre meno raffinati.

Ecco, credo che abbia a che fare con la raffinatezza il mio scaffale delle Signore, donne scrittrici che hanno combattuto e vinto con classe le loro lotte partigiane, non solo quelle contro il fascismo, ma anche quelle interiori.

A Lessico famigliare è appoggiata La bicicletta di Rosetta Loy; sollevando la carta a fiori con cui mio papà aveva ricoperto il libro dell’Einaudi del 1974 – mio coetaneo – ho scoperto che il risvolto di copertina era scritto proprio dalla Ginzburg, a elogio di un romanzo d’esordio che racconta la famiglia con la delicatezza di un “sommesso bisbiglio corale“.

E per il gioco di rimandi che permettono i miei Spuntini, con libri in grembo che non devono essere letti, ma solo spiluccati, ho scoperto che l’introduzione a Lessico famigliare è di Cesare Garboli, grande amore di Rosetta Loy.

Mi ruga che nella raccolta di commenti critici all’opera della Ginzburg riportati da Garboli non ci sia neppure un’opinione femminile, solo scrittori maschi. È anche per questo che lo scaffale delle Signore esiste, per bilanciare il peso di una libreria che, mio malgrado, è fatta per la maggioranza di uomini.

Un’altra donna fra le Signore è Lalla Romano, che si è imposta con tenacia nel mondo letterario italiano, che ha avuto la meglio sul dolore di vivere, che ha scritto di Amore e di Guerra come di una battaglia tutta interiore fra Afrodite e Atena.
Nella prefazione al suo Inseparabile, edito da Einaudi, la Romano dà del romanzo una definizione che sembra riferirsi alle opere qui citate della Ginzburg e della Loy, ovvero qualcosa che “si potrà sempre leggere come specchio della vita stessa. Esso è, in realtà, una lunga e complessa cronaca familiare“.