Unopuntozero – Post Scripta

Negli articoli passati abbiamo parlato della nascita dei blog, del sentimento comunitario nato intorno alle maggiori piattaforme italiane, e di come scrivere in uno spazio che potevamo considerare tutto nostro, con tempi dilatati e visibilità moderata, ci ha fatto sentire.
Le navi in bottiglia gettate in mezzo alla corrente ci hanno accomunato, e ne abbiamo conservato un ricordo nostalgico.

Ma di quegli anni, di quelle esperienze, è davvero rimasto solo questo, un legame cristallizzato nel passato?

All’inizio di questo viaggio una parte di me pensava di sì. Il mio sguardo era concentrato all’indietro, le mie riflessioni hanno rivisitato luoghi che pensavo perduti. Mi ha preso un po’ di sconforto nel sentire le cose così radicalmente cambiate, nonostante abbia avvertito forte e chiaro l’eco del non essere sola nel farlo.
E poi, a un certo punto, mi sono resa conto di star sbagliando tattica e che il mio sguardo andava un po’ allargato.

Parlare di qualcosa senza affrontarne la fine lascia la conversazione incompleta, ma visto che di fine non ho voglia di parlare – e che, spoiler, io alla fine nemmeno ci credo in questo caso – mi vorrei concentrare su qualcosa di più simile alla trasformazione che a una conclusione.

È ovvio che in vent’anni molto sia cambiato.

Noi per primə lo abbiamo fatto: ci siamo formatə nel nostro essere adultə, ci siamo conosciutə e riconosciutə, abbiamo scoperto che il mondo è vasto e abbiamo imparato a interfacciarci con la sua complessità. La nostra è stata la prima generazione che nell’affrontare questo processo così definitivo dell’esperienza umana l’ha fatto arricchendosi non solo della concretezza della vita IRL ma anche delle esperienze virtuali a cui siamo statə espostə negli anni formativi.

Abbiamo accompagnato la carta con lo schermo, abbiamo assorbito e imparato nuovi linguaggi, e abbiamo sperimentato connessioni che vanno al di là dello spazio fisico della nostra quotidianità. Questo ha creato effetti a catena che hanno deviato il corso delle nostre vite, e se da qualche c’è un universo parallelo in cui internet non entrava nelle stanzette deə giovanə italianə nel 2000 probabilmente la loro esperienza di vita avrebbe poco in comune con la nostra.

Mi sono chiesta quindi, per chi ha avuto un blog, che cosa c’è stato dopo, nello spazio tra ieri e oggi? E ancor di più: in che modo aver avuto un blog ha influenzato il presente di chi lo curava?

La risposta ha preso forma nelle testimonianze di chi ha voluto condividere un pezzo della propria storia con noi, una serie di post scripta che offrono un quadro fatto di percorsi piuttosto eterogeneo.

C’è chi scrivendo un blog ha allenato i muscoli di un nuovo linguaggio che si sarebbe poi rivelato essere alle basi della comunicazione digitale. Di questo ci ha parlato Cecilia Dominici, che su iobloggo aveva un blog personale molto seguito attraverso il quale ha intessuto legami che ancora durano negli anni. Scrivere online ha nutrito il suo interesse per la comunicazione, e su questo ha costruito poi la sua professionalità. Si è chiesta: “Scrivevo un blog che risonava perché ho capito dai primi anni 2000 come si comunica online? O ho imparato a comunicare online a causa del blog?”.

Questa domanda è rimasta aperta, senza risposta, e mi dà da pensare in qualsiasi direzione io scelga di affrontarla. Mi chiedo se è davvero possibile scindere le due cose e trattarle come separate, o se aver detonato la possibilità del poter parlare a qualcun altrə, chiunque fosse, in qualunque luogo, sia stato qualcosa da cui non si può più tornare indietro.

Negli anni pre-social il concetto di influencer ancora non aveva un nome, eppure uno dei primi esempi nel panorama italiano è stato Shopaholic, nato su iobloggo. Marta Rettani l’ha creato nel 2003 come spazio in cui poter non solo parlare di moda e shopping, ma anche ricevere consigli e confrontarsi. Nato prima di The blonde salad (il blog su cui Chiara Ferragni ha fondato il suo impero), Shopaholic finì per aprire le proprie porte ad altre autrici di contenuti: col tempo si creò un seguito da un milione di visite uniche. Dopo aver usato l’idea per la sua tesi di laurea Marta ne ha fatto una start-up, ma messa di fronte al desiderio di monetizzazione degli investitori, piuttosto che snaturare l’idea originale ha preferito rinunciarvi. Conserva il ricordo di un’esperienza comunitaria che le ha permesso di incontrare persone che fanno ancora parte della sua vita, e la soddisfazione di aver creato qualcosa e vederlo evolversi col tempo e la tecnologia. 

Per chi se lo ricorda e vuole farci un tuffo o per chi è curiosə di scoprirne il format, Wayback machine è vostra amica!

Il blog è sempre stato l’unico spazio in cui sentirmi davvero me stessa. Mi ha insegnato a raccontare, mi ha fatta innamorare della comunicazione web quando ancora non immaginavo di poterne fare una professione e mi ha regalato amicizie che durano ancora dopo vent’anni.

Ce lo ha raccontato Valentina Aversano, esperta di comunicazione digitale che su Splinder ha cominciato nel 2003, aggiungendo che:

Oggi è anche uno strumento di lavoro, un concentrato di quello che penso e che amo per presentarmi a chi non mi conosce ancora. So di avere uno spazio che posso arredare e trasformare come voglio, senza algoritmi e dittatura dei like: mi sembra una libertà preziosa a cui non voglio rinunciare.

Il blog come strumento creativo, quindi, che per chi ha continuato a scrivere per lavoro ha funto da terreno di prova prima di lanciarsi in progetti più complessi.

Ferdinando Cotugno ha avuto un blog durante il periodo universitario, prima ancora di pensare in modo concreto a una carriera nel giornalismo. L’ha descritto come

un esperimento in cui mettere alla prova l’esperienza di parlare a una platea più ampia di una sola persona; sarebbe stata molto diversa se la prima esperienza fosse stata sui social, quindi più istintiva, episodica, provocata da stimoli esterni. La parte più interessante era il processo di scegliere gli argomenti di cui parlare, e il tipo di flusso di comunicazione su blog è simile a quel che ritrovo scrivendo una newsletter: restituisce quel senso di spazialità e accumulazione di spunti, e una relazione con chi ti legge fatta di risposte posate, riflettute, inviate per mail come se fossero commenti a un post. 

Se prima avevamo un invito in ‘casa’ altrui per leggerne i pensieri, ora quei pensieri arrivano da noi, con le newsletter che sembrano aver ereditato il privilegio di una comunicazione più intima rispetto al rapidissimo scambio a cielo aperto su Twitter e simili.

Usando il blog come esercizio Anna Maniscalco ha continuato scrivendo racconti (anche per inutile) e creando la newsletter La cinefila della domenica, mentre Alessandra Favazzo, giornalista, ha traslato il suo amore per le bellezze urbane in Dentro gli androni.

Liborio Conca, che ha già fatto capolino nello scorso numero di unopuntozero, fa parte della redazione di Minima&Moralia (un blog di approfondimento culturale) e ha pubblicato un libro, mentre Gaia Tarini, che ci ha condiviso la sua esperienza di scrittura con un blog personale su Splinder, da qualche giorno ha annunciato la pubblicazione del suo primo racconto. 

Gli esempi citati sono solo alcuni che ci sono stati condivisi o che abbiamo ricordato, e ci mostrano che la blogosfera ha aiutato ad allevare una generazione di persone che professionalmente hanno creato progetti innovativi e duraturi e sono diventate voci in un contesto (informazione, editoria, comunicazione) che non ha l’abitudine al ricambio generazionale.

Trovare in queste testimonianze che ciò che si scriveva in forma ruvida è rimasto un po’ nelle radici di ciò che viene creato oggi è un pensiero consolatorio; è qualcosa di prezioso che è stato coltivato per poterne godere a lungo su forme diverse.

I post scripta sono stati unici e diversi per ognunə di noi. Per me, che non lavoro con la scrittura né con la comunicazione, parte del mio ‘dopo blog’ è stato approdare qui con questa rubrica, ma anche una serie di incontri personali che in qualche modo hanno cambiato il corso della mia vita. Vent’anni dopo posso dire che se non mi fossi mai iscritta su Excite prima, e iobloggo dopo, avrei perso l’occasione di raccogliere pezzi importanti di quel che sono adesso. Sarei stata diversa, avrei fatto scelte diverse, e forse proprio per questo ora sento un senso di gratitudine e affetto così forte per la blogosfera. 

È stato un passatempo, sì, ma è stato anche, a volte, una sliding door.

E se anche tu che leggi la pensi così, se in qualche modo avere un blog ha avuto un’incidenza sulla tua vita o il tuo percorso e ce lo vuoi raccontare, scrivici due righe qui. Questa rubrica è fatta anche delle vostre storie, e scoprire di vite e progetti nati da qualcosa che ci sta a cuore è sempre una bella sorpresa.