Spuntini – aprile

RUBRICA DI VIAGGI, CHE NON PARLA DI METE TURISTICHE, MA DI TRIP LETTERARI, A RITMO DI CITAZIONI. LA PARTENZA È SEMPRE CERTA, LA META SCONOSCIUTA, IL TRAGITTO VA A ZIG ZAG DAL DIVANO ALLA LIBRERIA. LA SODDISFAZIONE È QUELLA CHE PUÒ DARE UNO SPUNTINO LONTANO DAI PASTI, QUANDO SI HA UN LANGUORINO, DA QUI IL TITOLO: SE FOSSE IL DIMINUTIVO DI SPUNTI, SAREBBE UNA SCELTA INFELICE, SE FOSSE LA STORIA DI TRE PUNTINI DI SOSPENSIONE INSEGUITI DALLA LETTERA S, CI VORREBBE GIANNI RODARI.

INGREDIENTI PER LO SPUNTINO DI OGGI:
LUCIA DRUIDI DEMBY – MARGHERITA PIERACCI HARWELL – GRAZIA LIVI

Certi Spuntini possono risultare vere e proprie delizie. Ho preso dallo scaffale il cofanetto Adelphi con la raccolta in due volumi dei racconti di Katherine Mansfield, perché avevo voglia di qualcosa di sfizioso, e mi sono imbattuta nella prefazione di Lucia Druidi Demby, uno splendido racconto di per sé. Alla Mansfield neppure ci
sono arrivata.

“Loro sì che sanno raccontare, accidenti se sanno raccontare!“ diceva Roberto Bazlen alla Demby, riferendosi alle donne che scrivevano racconti sui settimanali femminili, per esortare l’amica a leggerli. E lei non solo li ha letti, ma ha dedicato la vita a studiare l’arte di “quelle donne là”, mettendo un poco in ombra la propria.

Per poter descrivere un viso come ha fatto la Demby in quelle poche righe bisogna essere poeti in prosa, oltre ad avere una profonda conoscenza della personalità che si sta tratteggiando.
E allora mi è venuta voglia di scovare altre pagine scritte da donne scrittrici che hanno scelto di dedicarsi alle opere di altre donne scrittrici e di rimanere a margine, dove margine è un luogo preciso, volutamente non il centro della scena, ma una posizione laterale, dalla visuale privilegiata.

Sono andata dritta alle prefazioni di Margherita Pieracci Harwell, altra vita dedicata all’approfondimento delle opere di autrici fondamentali nella nostra letteratura, fra le quali Anna Maria Ortese e Cristina Campo. Ritrovo nella nota biografica della Harwell a chiusura del volume Adelphi Gli imperdonabili il riferimento a Simone Weil, modello di vita, di scrittura, di lettura, e così, per un gustosissimo gioco di assaggi, vado a ripescare il volume della Harwell Cristina
Campo e i suoi amici delle edizioni Studium di Roma.

Non arrivo neppure al capitolo in cui si parla di Simone Weil come maestra e amica; una cartolina con una veduta dall’alto di Firenze tiene il segno a una pagina dell’introduzione che mi aveva già colpito in passato, perché un passaggio è segnato con un punto esclamativo a margine. È la risposta di Cristina Campo a una lettera del padre che porta una tale conforto al suo cuore spezzato dai bombardamenti e
dalla perdita dell’amica d’infanzia da farle dire, gridare quasi: “Papà, non dubitare: scriverò, scriverò bene“. Così nasce la sua promessa di salvare attraverso la parola tutta la tragica bellezza e la sofferenza vissute.

Narrare è un destino, infatti, ed è anche il titolo del bel libro di Grazia Livi che sta a buon diritto nella selezione di testi per questo Spuntino. Si tratta di un volume importante, che esplora in tante autrici la fatica di vivere per la scrittura e di assegnarsi, prima di tutto, il diritto di scrivere. Torna, nell’ultimo capitolo, la figura paterna, in questo caso non consolatrice bensì demolitrice delle ambizioni letterarie della figlia.

La Livi riferisce di un suo raccontino ispirato a Katherine Mansfield finito fra le mani del padre che, con piglio ironico, lo legge a tavola, ad alta voce, azzerando le sfumature tipiche della sensibilità femminile. “Sii meno vaga. Togli degli aggettivi!“ la esorta, e poi: “Chi è questa Mansfield?“. Per fortuna il sogno dello scrivere non è andato infranto, Grazia Livi, anzi, farà dell’umiliazione il perno intorno a cui far ruotare la sua vocazione letteraria, che diventerà un riscatto.
Sembra quasi di sentirla sussurrare, ancora adolescente: “Papà, non dubitare: scriverò, scriverò bene“.